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Umbria e Marche – La belleza fragile / Le foto di Toni Nicolini

TONI NICOLINI

Nasce a Milano il 3 settembre 1935.

1950-1970

Dopo gli anni della guerra trascorsi a Viconago, paese della fascia prealpina del Varesotto, nell’amata casa di famiglia, rientra a Milano, dove frequenta il liceo classico Parini e quindi si iscrive all’università, inizialmente alla facoltà di Ingegneria, poi a quella di Fisica. Lasciata l’università, nel 1963 inizia a occuparsi di fotografia con grande passione per il reportage sociale e il racconto fotografico.

È socio del Circolo Fotografico Milanese, allora terreno di scontro tra i formalisti simpatizzanti della Bussola e i seguaci del documentarismo, come Piero Donzelli.

Assolto il servizio militare, che documenta con ironia, sceglie di diventare professionista a tempo pieno. Alterna il lavoro di fotografo con l’insegnamento di ottica nei corsi della Società Umanitaria, allora diretti da Antonio Arcari, e nel 1965 scrive per studenti e fotoamatori un fortunato manuale sulla tecnica dell’ingrandimento.

Nei primi anni Sessanta incontra Ernesto Treccani, pittore impegnato, fondatore del Movimento Corrente, che lo porta a diverse decisive imprese narrative. Con lui viaggia lungo la Calabria, in particolare a Melissa, in provincia di Crotone, teatro di un eccidio di braccianti nel 1949, dove il paesaggio agricolo non ha nulla di idillico e dove il lavoro non basta a sfamare le famiglie, spesso costrette, come in molte altre zone del Meridione, a un’emigrazione di massa verso il Nord.

Nel 1964 con Ernesto Treccani partecipa alla realizzazione di un murale progettato come un’opera composita, che integra i due mezzi espressivi, pittura e fotografia: l’opera dal titolo Da Melissa a Valenza, nata per iniziativa della Casa del Popolo di Valenza Po, ripropone visivamente il trasferimento dei contadini meridionali e la loro trasformazione in artigiani nei laboratori di oreficeria della città piemontese.

Il tema dell’immigrazione è presente in molti lavori di quel periodo, nelle periferie milanesi e torinesi.

Nei primi anni Sessanta Toni Nicolini incontra Luigi Crocenzi, teorico dei fotoracconti, con cui collabora al Centro per la Cultura nella Fotografia da lui fondato. A lui mostra il suo primo breve racconto fotografico Storia di un vento e di una bambina e con lui partecipa al progetto Telescuola partendo dalla poesia di Ungaretti Mio fiume anche tu. Nel 1966 realizza il famoso Ballo di Carnevale a Mortara, struggente analisi dell’eterna provincia italica dai risvolti felliniani. Nello stesso anno un altro ballo in società, ma una diversa società: quella della borghesia milanese emergente, al Centro Fly, nuovo spazio commerciale del design.

Nel 1967 Toni Nicolini ed Ernesto Treccani seguono la battaglia del sociologo Danilo Dolci che da Partinico guida la Marcia per la Sicilia Occidentale e per un mondo nuovo contro i poteri mafiosi nelle campagne, documentata nel piccolo volume Nuova Sicilia, nuovo mondo. L’anno seguente Toni Nicolini conclude il suo lungo reportage nel Sud riprendendo la condizione dei terremotati dopo il sisma che nel 1968 colpisce duramente la Valle del Belice. Ma Toni Nicolini racconta anche l’autunno caldo di studenti e operai. Lavora contemporaneamente per la Borsa Valori, testimoniando le grida degli ultimi operatori prima dell’avvento delle contrattazioni telematiche. Poi Milano con i suoi simboli, come i grattacieli del Centro Direzionale, i Navigli con gli ultimi barconi che portano la sabbia ai cantieri, le prime sfilate di moda. Affianca al suo lavoro per aziende e editori anche quello più artigianale, in sala di posa, dello studio diviso per più di trent’anni con l’amico Cesare Colombo, fotografando oggetti e prodotti, collaborando all’opera creativa di molti amici designer come Enzo Mari e Piero Polato.

1970-1990

Per quasi un ventennio collabora ai programmi editoriali del Touring Club Italiano, partecipando a campagne fotografiche non solo sul patrimonio architettonico e artistico italiano, ma anche su territorio e paesaggio, per la collana “Italia Meravigliosa” e “Attraverso l’Italia”. Negli stessi anni realizza una serie di reportage in bianco-nero sui Paesi europei per la collana del TCI “Attraverso l’Europa”.

Nel 1970 sposa Lotte Rossi con la quale ha due figli, Martino e Melissa.

A fianco dell’attività per l’editoria lavora per l’industria, specializzandosi nel reportage all’interno del mondo produttivo. Per la Rivista IBM, alla quale collabora per diversi anni, realizza un’ampia documentazione visiva dell’ingresso dell’informatica nei mondi dell’industria e delle università italiane tra gli anni Ottanta e Novanta.

Negli stessi anni si dedica a diversi lavori di documentazione di architettura e del territorio: per la campagna “Archivio dello Spazio” della Provincia di Milano e per i numerosi progetti di studi storici e di valorizzazione turistica dei canali lombardi proposti dall’Istituto per i Navigli.

1990-2012

Questi anni lo vedono impegnato nella diffusione della cultura fotografica. Cura numerose mostre di fotografia a Milano presso l’Università Bocconi e presso la Fondazione Corrente, della quale è anche membro del comitato scientifico.

Nel 2003 entra a far parte dei fotografi di Azibul e poi dell’Associazione Culturale Azibul, guidata da Cristina De Vecchi, alla quale collabora fino al 2012.

Intanto molte fabbriche di Milano sono state dismesse: a cavallo del nuovo secolo Toni Nicolini ne presenta l’immagine per riviste come Abitare e Domus. Documenta la nascita dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, la galassia dei centri commerciali e le nuove architetture milanesi.

Nel 2012 viene inaugurato il Museo Verticale nel palazzo della Regione Lombardia, nel quale sono presenti numerose sue fotografie.

Muore a Milano il primo ottobre 2012. Sue fotografie si trovano presso l’Accademia Carrara di Bergamo, il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, la Fondazione Corrente di Milano, le collezioni Alinari di Firenze e l’Archivio di Etnografia e Storia Sociale della Regione Lombardia. Dal 2014 il suo archivio è conservato e gestito dal Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia (Craf) di Spilimbergo.

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Questa mostra fotografica ci introduce nel mondo intimo delle Marche e dell’Umbria, due regioni del centro Italia, poste nel cuore degli Appennini. Gli scatti rappresentano soltanto i monumenti più rappresentativi e alcuni dei posti più conosciuti; mentre più numerose sono le immagini di vita quotidiana e di ambienti intimi e modesti. Questa volta non ci avviciniamo a quella Italia che conosciamo, ma ci incamminiamo per strade poco note, evitando, per lo più, le destinazioni turistiche. Quello che abbiamo di fronte sono le sensazioni di una vita vera, le testimonianze della storia che si è addensata nella sua stessa materialità, e di una “longevità” mediterranea.

Non possiamo guardare queste fotografie senza empatia e senza riconoscerci in esse, senza renderci conto dei legami tradizionali e dell’appartenenza alla stessa cultura e civiltà. Quello che ci unisce alle Marche sono gli itinerari adriatici, viaggi che da secoli i nostri marinai e i mercanti compiono verso i porti di Ancora e Senigallia, insediandosi in queste terre. Anche l’Umbria ha una sua forza di attrazione ben consolidata; per i pellegrini che si dirigevano ad Assisi ma anche per alunni e studenti che da qui andavano e vanno tuttora a Perugia per perfezionare l’italiano. In questa mostra, tuttavia, prevalgono le scene di, chiamiamole così, “riserve interiori”, inquadrature quasi introspettive, vedute e paesaggi nascosti con gelosia dalle offerte turistiche e dal flusso costante di viaggiatori e curiosi.

Ci azzardiamo a dire, tuttavia, che proviamo un’affinità particolare verso questi aspetti, per così dire nascosti, delle Marche e dell’Umbria e che- si licet parva – per noi hanno qualcosa che ci ricorda gli ambienti istriani o l’entroterra dalmato, qualcosa del “corso interrotto del tempo”. Possiamo parlare di essi chiamandoli “piccoli borghi del mio cuore”, citando il poeta Ujević, consapevoli che dietro le esistenze stratificate di questi paesini si intreccia un rapporto profondamente affettivo tra i loro fondatori e gli abitanti e il cuore della gente che ha identificato il proprio destino con la durata e il pulsare di questi nidi di pietra, questi nuclei di irradiazioni di emozioni profonde.

Nonostante nelle foto qui presenti non prevalgano oggetti d’arte né complessi architettonici, e si noti invece una propensione verso le testimonianze dell’equilibrio tra la natura e l’agire umano, tutto lo spazio dell’Umbria e delle Marche dimostra necessariamente criteri altissimi che hanno mosso la mano dell’uomo e rivela la presenza di caratteri stilistici universali, soprattutto quelli dell’architettura romanica e gotica.

Certamente, le fondamenta dei borghi medievali, siti sulle dolci colline, rappresentano per la maggior parte una continuazione di uno strato più antico, arcaico. Gli ambienti hanno subito ampliamenti nello stile rinascimentale e barocco, e questa crescita quasi organica si è fermata prima dell’arrivo delle tecniche moderne e dei nuovi metodi di costruzione.

Le fotografie rappresentate documentano il livello estetico raggiunto, la coerenza degli ambienti scelti, l’insieme di diversi elementi e la compiutezza della suggestione, un’eccezionale equilibrio tra vita e lavoro.

Proprio da posti come questi, spesso modesti ed isolati, provenivano di frequente grandi maestri di ambiti diversi e di straordinaria personalità, orgogliosi della propria provenienza regionale.

Questa mostra ci offre uno sguardo sulle regioni delle Marche e dell’Umbria prima delle tragiche scosse del terremoto di alcuni mesi fa, proponendo al nostro sguardo immagini che debbono essere ricordate e conservate nella memoria, con la consapevolezza dell’urgenza di riparare quanto prima i danni che esse hanno subito.

In tale luce, queste fotografie di Toni Nicolini rappresentano le testimonianza di una bellezza ferita, invitando tutti alla partecipazione e alla consapevolezza della necessità di conservare, ricostruire e tramandare questo prezioso patrimonio nel futuro e alle prossime generazioni che di questo ci saranno grate.

Tonko Maroević

  • Organizzato da: Istituto Italiano di Cultura
  • In collaborazione con: CRAF di Spilimbergo